martedì 29 dicembre 2009

IL GIUDIZIO ED I SUOI CRITERI

Su questo argomento c'è senz'altro chi può essere in grado di scrivere un testo di 1000 pagine. In poche righe, però, si può dire che il Giudice, nel decidere il singolo caso sottoposto alla sua attenzione non può che comportarsi, inevitabilmente, come ogni essere umano. Quali saranno i criteri che di fatto seguirà nel confezionare la sentenza? Egli consapevolmente crederà di seguire regole giuridiche precise, come se dovesse, quale scienziato, applicare formule da laboratorio. In effetti, per talune fasi del suo procedere, più o meno, può essere proprio così: nel mentre, ad esempio, verifica la propria giurisdizione, competenza, la sussistenza di ipotesi di improcedibilità od, anche, se è alla presenza di un litisconsorzio per cui necessità l'integrazione del contraddittorio. Questi aspetti, ed altri, sono di contorno, quasi, oserei dire, secondari. Ma mentre si avvicina sempre di più al "cuore" della propria funzione, ovverosia il "decidere il merito" della vertenza, egli, probabilmente, in modo sempre più inconsapevole, tenderà a riversare nel motto suo interno di maturazione della decisione, non tanto i criteri giuridici (nel senso corrente del termine e cui crederà, invero, di seguire il più fedelmente possibile), ma quanto, piuttosto, altri criteri, sempre suoi interni, che lo informano come persona. Cioè tenderà a seguire i suoi valori intimi, le sue credenze, che, sotto questo profilo, poco si differenziano, anzi sono del tutto uguali, a quelli che informano l'agire di qualsiasi essere umano. Infatti, tendenzialmente, prima si agisce, poi si decide e successivamente, ancora, si giustifica. Parafrasando noti principi di psicologia: è più la comunicazione non verbale che quella verbale, più il non detto che il detto, e perciò, più il deciso (secondo equità) che il deciso secondo diritto.

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