mercoledì 28 gennaio 2009

FEDERALISMO E REGOLE DEL GIOCO

E' lecito domandarsi se la realizzazione del c.d. federalismo fiscale cambierà, di fatto, le regole del gioco, a partire da quelle costituzionali (fra l'altro in uno stato non federale! Ed anche qua si potrebbe ragionare).

Leggo, dalla mia primaria fonte d'informazione, che più su un'irpef si punterà su un'iva federale. Cioè le regioni finanzieranno le funzioni fondamentali trattenendo molta IVA. Ovviamente la rifoma fiscale viene dopo la riforma delle autonomie di cui si è parlato a novembre. Il che, teoricamente, vorrebbe dire che lo stato centrale s'allegerisce mentre il governo locale s'appesantisce di compiti. Ciò che riflesso avrà sulle IIDD? Perchè si sta facendo retromarcia sull'assegnazione di queste alle regioni, dirottandole sull'IVA? Perchè, immagino, così facendo, come da ultimo proposto, si mantiene l'invarianza del gettito in entrata a livello centrale (pur dovendo questo, ma non ci credo, dimagrire, come detto, di compiti). Se le funzioni delle regioni aumenteranno non saranno, di certo, i poveri tributi minori a sostenerne il peso...ma proprio (allo stato) l'iva. Il sistema globale, cioè, sposterà il baricentro sull'imposta sui consumi, proporzionale e quindi regressiva. Forse. Con buona pace, ma non vi è bisogno di ribadirlo, ancora una volta del 53 Cost. (che presumibilmente servirà solo, come capita spesso anche ora, a giustificare qualche sentenza della Corte di Cassazione o della Consulta).

giovedì 15 gennaio 2009

Ancora sul concetto di ANTIECONOMICITA'

Sull'antieconomicità è uscito un articolo su CT 4/2009 di Raffaello.


Nuovamente si ribadisce la necessità di ricondurre l'argomentazione
dell'antieconomicità come osservazione dell'AF rispetto alla _situazione
di fatto_ accertata (_giudizio di fatto_), tanto più pregnante quando
accompagnata da ulteriori elementi che rafforzino la convinzione
dell'assenza di riscontro tra quanto risulta nella documentazione
contabile, che costituisce uno specchio sostanzialmente per la fiscalità
analitica, e la situazione di fatto riscontrata.
Forse nell'articolo non emerge, ma se ne era già parlato in Dialoghi,
che normalmente l'antieconomicità può verificarsi laddove la
controparte, che sopporta un costo, non abbia un interesse a far
emergere quanto corrisposto - ciò che si verifica normalmente alla fine
della filiera produttiva, cioé con l'immissione al consumo del prodotto
e del servizio.
In questo caso, non trovando applicazione il principio di simmetria, è
assai facile che tale ipotesi si realizzi.


Certamente, come ancora accade, non può essere usata l'argomentazione
dell'antieconomicità per ricondurre a diversa valutazione giuridica del
fatto (es: una vendita costante sottocosto in un mercato profittevole è
un fatto anomalo, indiziario di possibile evasione ma che, per esempio,
non può condurre ad una riqualificazione del fatto come negozio misto o
addirittura una assegnazione, per applicare il valore normale previsto
per le ipotesi di assenza di controprestazione determinata nel valore).
Non tocca quindi la sfera del _giudizio di diritto_ come invece accade
per l'elusione, istituto diverso perchè opera in situazioni di mancato
realizzo del presupposto determinato da aggiramento dei principi
generali che caratterizzano l'ordinamento fiscale ed la determinazione
della capacità contributiva nella fiscalità d'impresa
(principio di continuità dei valori fiscalmente riconosciuti, divieto di
compensazione intersoggettiva, simmetria dei flussi di reddito, divieto
di doppia imposizione e quindi esenzione; divieto di commercio delle
perdite, divieto di sfruttamento delle norme pattizie contenute nei
trattati internazionali per ritrarre da ambedue gli ordinamenti risparmi
fiscali, neutralità delle operazioni straordinarie, meccanismi di
agevolazione/credito fiscale per ottenere indebiti vantaggi).
(di The Planer)

Il concetto di SENTENZA "retroattiva"

Il tema della retroattivita' per una pronuncia
e' mal posto.
Osservo due cose:
- resta il tema della "ragionevole prevedibilita' dell'esito della
lite", che dovrebbe, in caso di clamorosi revirements o arresti
particolarmente creativi/innovativi, incidere - come minimo - sul tema
della conoscibilita' del precetto tributario e dell'affidamento, e
quindi per lo meno sulle sanzioni. Un giudice intellettualmente onesto
che ti faccia una sentenza come quelle sull'abuso del diritto dovrebbe
per lo meno esporre se - e in che misura - vi sia spazio per
disapplicare le sanzioni;
- quanto al tema della funzione di creazione giurisdizionale del
diritto, direi che la dottrina del precedente (stare decisis) non sia
poi cosi' dissimile tra common law e civil law. Gli studi di Galgano e
De Nova, e prima ancora di Gino Gorla, hanno dimostrato che anche in
italia esiste una "dottrina dello stare decisis". In common law, al
contrario, lo stare decisis e' recessivo (in UK la House of Lords si
e' dichiarata non vincolata dai propri precedenti, in USA il sistema
delle corti statali/federali/Corte Suprema e la possibilita' del
distinguishing o dell'overruling crea un meccanismo "fluido" del
rpecedente) ed anzi e' recessiva la common law rispetto alla statutory
law (la produzione legislativa in UK e USA e' ormai ipertrofica come
da noi).
Una disincantata visione della funzione giudiziaria non puo' che
riconsocere funzione creativa alla giurisdizione, per varie ragioni:
- e' esercizio di un potere di porre norme concrete (Kelsen)
- le massime vincolano (per coazione giuridica, logica e/o sociale) il
quadro delle future decisioni e quindi entrano nelle variabili del
calcolo di rpevedibilita' delle decisioni
- non tutte le questioni da decidere sono ricavabili da un semplice
sillogismo giudiziario, per le tante, ovvie ragioni (vaghezze delle
disposizioni, ambiguita' del testo, etc. etc., ex multis v. Guastini).
In sintesi, quindi, civil law e common law non sono poi cosi' lontane.
(di Marcello Tarabusi)

lunedì 12 gennaio 2009

ELUSIONE e TEORIA DELLA CAPACITA' ECONOMICA INDIVIDUALE

Marcello Tarabusi:
scusate, ma la nozione di elusione, e quindi di "aggiramento", dovra'
pur essere connotata sul piano del'elemento soggettivo.
o no?
lasciamo stare l'annoso tema del dolo di frode: "aggirare" implica
"girare intorno" e ogni curva ha un punto, o un intorno di punti,
"attorno" a cui "gira".
quindi bisogna sostenere che il contribuente gira intorno a qualcosa
che "vede" e quindi che i principi siano "visibili".
se io (come ha fatto spesso la Cassazione) li "invento" a posteriori,
qualsiasi sia la curva che il contribeunte segue, trovero' sempre un
punto attorno al quale ha girato quella curva. quindi qualsiasi
comportamento e' elusivo: i pruincipi generali sono solo una delega
assiologica all'interprete, sena un sistema di valori culturalmente
condivisi come posso dire che il contribuente "aggira" qualcosa che
non esiste a priori??

Fra mau:
...in germania, mi sembra, c'è una clausola generale...
bisognerebbe indagare che fanno la...
(saranno più pragmatici...patria del negozio giuridico normato
positivimente...qua ce ne siam guardati bene...spaventevoli come
siamo...e se è stato così (per noi) su una materia vecchia di 2500
anni...figuriamoci (sempre per noi) per il novello diritto
tributario...).
Mi domando e mi chiedo:
a chi può dar fastidio un simile indirizzo?
indubbiamente a qualche pesce grosso...il piccolo
panettiere...idraulico...ecc. che se ne fa dell'elusione:
cioè il 97% delle partite iva non ne sono interessati...mentre il
restante 3% si.

Marcello Tarabusi:
in realta' non sempre e' cosi'. l'antieconomicita', il controllo di
congruita' sui costi, etc., o anche il tema dell'elusione sul
registro, toccano tutti. pensa al classico caso del conferimento
dell'immobile gravato da mutuo, o al conferimento d'azienda con
successiva cessione di quote (per fare un esempio attualissimo): li
fanno tutti ma proprio tutti, anche i panettieri di rione, e molti
uffici del registro fino a ieri erano poco propensi a contestarli, ma
oggi possono inventarsi quello che vogliono. la cassazione aveva
lavorato sul collegamento negoziale e sull'art. 21 del TU registro,
ora riprendera' il tema dell'abuso del diritto.
credo che dara' grattacapi ai piccoli tanto quanto, se non di piu',
che ai grandi.....

The Planer:
Ripeto a mio avviso è più che alto un approccio di fiscalità d'impresa
basata sui principi.... Se non li mastica chi opera, se non interessa a chi fa consulenza, se il
giudice deve risolvere il caso concreto, se non c'è un terreno
condiviso, a che gioco giochiamo? E' ovvio che poi uno vede l'elusione ovunque, l'altro non la vede mai
l'altro è strabico per cui vado a naso.... Più che di codificato è un problema di condiviso qua per la formulazione
di un giudizio di fatto. Non è colpa di nessuno: se su un testo di diritto tributario mi trovo la
tonnage tax e non il concetto di saltro d'imposta, di neutralità fiscale
e simmetria nel reddito d'impresa ben evidenziato etc quando si tratta
dell'elusione, non è poi cola di nessuno se ognuno pensa che ha torto
l'altro, non sapendo comunque neppure se ha davvero ragione lui.
Claudio Cerutti
Secondo me la Cassazione ha ritenuto che alcuni avesso fatto i furbi e, non avendo una
norma per castigarli, si è inventata che il 37-bis è solo
l'applicazione di un principio già esistente ai sensi della
Costituzione... ma giuridicamente il ragionamento non mi torna: la
Cassazione non è il legislatore!!
E la Cassazione non è neppure la Corte Costituzionale: quest'ultima sì
che avrebbe potuto dichiarare l'art. 37-bis costituzionalmente
illegittimo nella parte in cui non prevede un principio antielusivo
generale ai sensi dell'art. 3 e 53 Cost. Qui in un modo o nell'altro si voleva fare il mazzo a chi ha trovato
una scappatoia per non pagare... e si vede che questa era la
motivazione migliore che sono riusciti a trovare
Raffaello Lupi:
E’ difficile capire le singole parti, e queste
sentenze sono briciole di parti, se non si ha una idea dell'insieme. E
questa idea dell'insieme la teoria non ha saputo darla. Comunque il
formalismo legalistico nella misurazione della capacità economica,
anche a fronte di comportamenti palesemente contrari allo spirito del
sistema, non aveva mai avuto avalli giurisprudenziali. Se ci pensate
bene, quando il legislatore introduce per l'avvenire una norma
antielusione non dice affatto che prima non ci si potesse arrivare
mediante i principi. Siamo noi che glielo facciamo dire perchè lo
immaginiamo disumano, una specie di essere perfettissimo creatore del
cielo e della terra, onnipresente e onnisciente, portatore di uno
spirito geometrico, di una razionalità immanente, che non farebbe mai
una cosa se non ce ne fosse bisogno...Quindi se l'ha fatta vuol dire
che prima l'elusione era lecita...Ora capisco che questo argomento "a
contrario" è forte, però non è insuperabile e soprattutto il giudice
che lo supera non fa politica, non fa il legislatore, non introduce
nuove convenzioni.. Lo stesso accade per il transfer price interno,
dove si dice che se c'è la norma per l'intercompany estero allora
all'interno implicitamente non c'è...beh il legislatore regola quando
parla, e non quando tace...quando tace ha solo taciuto....quindi
queste sentenze non mi sembrano una "invasione di campo"...
Claudio Cerutti:
vero... l'elusione è l'aggiramento dei principi, ma se i principi non
ci sono da nessuna parte come faccio a dire che un'operazione è
elusiva? Come minimo dovrei enunciare il principio e dimostrare che è
stato aggirato... ma questo è troppo difficile, quindi
l'Amministrazione ha rivoltato la frittata e in sostanza ti dice:"Io
non so un tubo di principi, quindi, dato che le valide ragioni
economiche sono un'esimente, se tu non mi dimostri di averle allora
stai eludendo!"
E' un po' come dire: non so se qualcuno è stato ammazzato, ma
nonostante ciò, se non hai l'alibi ti condanno per omicidio!!
Sembra una barzelletta ma è tutto vero...
Io per tagliare la testa al toro modificheri l'art. 37-bis: toglierei
la locuzione "valide ragioni economiche", e magari abolisco pure il
comma 3 sull'elencazioni delle operazioni per rendere la norma di
portata generale. E soprattutto al comma 2 specifico che devo
riconoscere all'eventuale contraparte la riqualificazione giuridica
(es. se rendo indeducibile un costo perché l'operazione è elusiva, non
posso tassarlo alla controparte).
In tal modo ottengo molteplici vantaggi:
a) è l'Amministrazione a dover dimostrare il principio e il suo
aggiramento (es. salto d'imposta);
b) le valide ragioni economiche escono finalmente di scena, dato che
con l'elusione non c'entrano un tubazzo;
c) il risparmio d'imposta viene valutato non con riferimento al
singolo soggetto, ma con riferimento a tutti i soggetti coinvolti.
Almeno così si comincerebbe a parlare di PRINCIPI, certo, con
difficoltà... ma almeno se mi trasformo da s.r.l. a s.n.c. perché
voglio dedurmi tutti gli interessi passivi, non devo inventarmi delle
ragioni economiche magari inestitenti, ma è l'Amministrazione a dirmi
quale sacro principio sto violando...
Troppo bello per essere vero?
... il legislatore spesso lo consideriamo una divinità
onniscente... anche se sappiamo benissimo come le leggi vengono fatte
(il cui apice della "sciatteria" sono stati i maxiemendamenti alla
finanziaria con migliaia di commi preparati di notte in fretta e in
furia... fortuna che quest'anno almeno questa ce l'hanno
risparmiata... )
Marcello Tarabusi:
In realta' sul piano strettamente formale e' una tesi difendibile. lo
statuto logico del discorso interpretativo non e' quello del giudizio
su un fatto verificabile, ma quello del giudizio di valore. quindi non
esistono tesi "vere" o "false" in senso assoluto.
in fondo pensiamo all'abuso del diritto civilistico, al danno
esistenziale, al concorso esterno in associaizone mafiosa, etc.: tutte
fattispecie costruite dall'interprete. il ragionamento logico-
deduttivo del giudice alla montesquieu come bouche de la loi e' ormai
difficilmente sostenibile (Guastini ad esempio lo spiega molto molto
chiaramente, per citare un autore dalla prosa cristallina - e per
evitare i soliti Kelsen o Cordero :P; di recente in un contesto di
common law v. Posner, How judges think, harvard univ. press, 2008;
Bruno Leoni, per gli italiani, ha dimostrato anni fa come il diritto
legislativo non e' affatto piu' certo di quello di common law) .
un sano realismo ci dice che la tesi della cassazione ci puo' anche
stare, ma il problema si sposta sotto un altro priflo, che e' poi
quello su cui anche raffaello e tutta la rivista Dialoghi insistono da
anni: "aggirare" implica un punto aggirato; "distorcere" implica che
prima c'era una "direzione lineare" da cui ho sviato.
il difficile e' che nessuno sa dove stia il punto aggirato o quale sia
la direzione giusta....
quindi difficile dire che hi aggirato o distorto...
per usare un esempio: se sul fglio disegno prima la traiettoria
seguita, a posteriroi dopo potro' sempre torvare un punto a mia scelta
del foglio da cui non e' passata e dire "hic rhodus hic salta", dovevi
passare di qui.
invece dovremmo avere i fogli prestampati con i puntini (i "paletti").
l'interpello e' uno strumento, che da cattiva prova di se' in punto di
fatto perche' crea un potere autonomo poco verificabile e mal
esercitato, ma in astratto e' un metodo non sbagliato.
The Planer:
Due cose:
a) aspetti di evasione: qua il problema attiene all'accertamento del
fatto....il problema effettivamente c'è e ci sarà sempre.....
In un certo senso lo trovo anche insuperabile....
b) aspetti dell'elusione: forse mi sbaglio, trovo che si potrebbe
semplicare di gran lunga il problema, in avanti ovvio, mettendo su una
clausola generale più o meno del seguente tenore.
In fondo non è tanto un problema di accertamento dei fatti, se il
contraddittorio è effettivo da ambedue le parti....
Un'operazione può essere essere elusiva in quanto aggiri uno dei
seguenti principi generali dell'ordinamento tributario:
- principio di continuità dei valori fiscalmente riconosciuti;
- divieto di compensazione intersoggettiva;
- simmetria dei flussi di reddito;
- divieto di doppia imposizione e quindi esenzione;
- divieto di commercio delle perdite;
- divieto di sfruttamento delle norme pattizie contenute nei trattati
internazionali per ritrarre da ambedue gli ordinamenti risparmi fiscali;
- neutralità delle operazioni straordinarie;
- meccanismi di agevolazione/credito fiscale per ottenere indebiti vantaggi
L'ho un po' buttata giù così.....non so se può essere interessante, può
essere sicuramente integrabile....però credo sia meglio che una
elencazione di negozi senza parametri di giudizio nella valutazione
degli stessi....
Magari ora possiamo pure dilettarci a mettere qualche definizione per i
concetti.....
Io stralcerei dalla norma proprio le valide ragioni economiche, che sono
una esimente relativa, perchè tranne che in pochi casi, c'è sempre una
ratio economica quando si fa l'operazione, difficilemnte la si fa solo
per vantaggio fiscale....la variabile fiscale spesso implementa pure il
valore delle operazioni, cioè non solo fa risparmiare (qui il problema
del risparmio lecito o meno d'imposta) ma fa pure guadagnare in alcuni casi.
Diversamente diventa un'analisi di aspetti che esulano dal giudizio
fiscale, che scadono nel soggettivo per non dire nell'arbitrario.....la
valida ragione potrebbe incidere sulla sanzione, non sull'imposta non
versata.....
Nel post precedente mi sembra di aver messo dei paletti nel concetto di
aggiramento, che ritengo essere strutturale, con rispetto ai
commentatori e ai sezionisti uniti che parlano invece di valide ragioni
economiche.....concetto per me secondario e non strutturante
dell'elusione.....
Marcello Tarabusi:
beh, molto se non tutto dipende dalla qualita' del giudicante in
relazione al giudizio sul fatto.
e come altre volte abbimao detto le nostre Commissioni non sono
perfettamente adeguate ad esprimere giudizi di fatto im materia
economico-fiscale.
poi forse si dovrebbe dire: in assenza di disposizioni specifiche che
fissano termini o modalita' di attuaizone di operazioni, nel qual caso
valgono per specialita' le norme speciali.
ad esempio: se si impone un possesso di una durata minima di un bene
(o partecipaizone) per avere un beneficio, decorso il termine non si
puo' piu' sindacare l'elusione, anche se si dimostrasse il disegno
strutturalmente funzionale a rispettare il termine minimo di legge.
non so se mi sono spiegato: come dire che quelle sono presunzioni
legali iuris et de iure, non vincivbili ne' a favore ne' contro il
contribuente.
The Planer:
Sul termine non sono molto d'accordo; sulla norma puntuale a mio avviso
è un problema successivo e neanche poi dirimente
in assenza di disposizioni specifiche che
fissano termini o modalita' di attuaizone di operazioni, nel qual caso
valgono per specialita' le norme speciali.
Abbiamo il caso dell'art. 172 c. 7 (il vecchio 123 c.5)
Lì la ratio era quella di evitare il commercio delle bare fiscali cioé
di prendere delle società in perdita fonderle senza colleganza alcuna
con l'attività dell'incorporante.
Se io applico sic et simpliciter la norma potrei per assurdo avere il
mancato riporto di una perdita di una società quasi decotta che può
avere del know how che intendo salvare incorporandola e con la quale
intrattengo dei rapporti di collegamento....
Diverso il caso di una immobiliare di gestione che mi loca un immobile
che ristruttura, poi in perdita e l'assorbo mentre produco delle
scatolette di tonno.....
Fra mau:
Nulla questio cambiare (per legge o per giurirprudenza) le regole del
gioco...ma ciò deve valere per il futuro...se vi sono degli atti già
posti in essere...questo mi pare debba essere un'altro principio
generale da far emergere.
Marcello Tarabusi:
vero, ma sostenere la irretroattivita' di una pronuncia del giudice
delle leggi significa attribuirgli un potere legislativo che non ha.
Vero e corretto alla luce del modello kelseniano (ancora lui!!) che il
giudice pone una norma (concreta e individuale), ma quella norma
individuale riguarda per definizone un fatto passato. Altrimenti i
processi potrebbero essere solo rpeventivi. Il tema allora sis sposta,
per la sentenza "innovativa" di principio, sul tema della
"prevedibilita' ex ante delle decisioni giudiziali" che e' poi il
cuore del principio di certezza del diritto in senso forte (rule of
law).
Quindi sarebbe piu' importamte assicurare la TEMPESTIVITA' della
decisione: che una sentenza del 2008 riguardi fatti del 2005 non
scandalizza (specie se poi, inoltre, il quadro giuridico fosse un
minimo stabile..); quello che scandalizza e' che i fatti del 2005
sarano decisi dalla cass. quando? nel 2015? 2020?
c'era quella famosa battuta:
Giudice: "allora l'udienza di p.c. e' fissata il 15.3.2016 ore 12"
Avvocato: "Signor Giudice, facciamo almeno alle 9!!"
:)
PS
Faccio notare, per dare un'idea del senso di "civlita' giuridica" di
altri popli, che gli inglesi Pink Floyd nella bella "two suns in the
sunset" (LP: The final cut), come immagine dello scenario post boma
atomica citano "You have no recourse to the law anymore": un buon
inglese della soluzione finale atomica teme, soprattutto, la perdita
del diritto di agire in giudizio!!!
Beati loro... Da noi sarebbe uno dei pro...
Fra mau:
...se per un attimo liberiamo la mente da preconcetti giuridici
possiamo sostenere che anche per taluni nuovi principi normati da
senteze si applichi l'irretroattività...
Marcello Tarabusi:
"un momento un momento anch'io ho qualche argomento" (L. Dalla, Siamo
Dei, 1982)
Io non ho amici campioni di rock e non posso ballare per 3 giorni e 3
notti (v. la canzone di cui sopra), ma come la mettiamo su un punto
fondamentale: il giudice decide un caso, quindi applica la norma
(ricavata in via interpetativa) al fatto con effetto tra aprti
determinate. Come faccio a dire che quella decisione non e'
retroattiva? Allora nessun giudice puo' decidere il caso, che per
definzione e' successo prima. Oppure applico il principio nuovo
retroattivamente per il poveraccio che e' finito in giudizio, e tutto
il "resto do mundo" invoca l'irretroattivita'?
concettualemte bisogna distinguere tra porre e applicare il diritto,
anche se poi si danno casi (espliciti tipo la Corte Costituzionali, o
impliciti quando il giudice "crea" il diritto) di posizione giudiziale
della norma.
anche il giudice che "inventa" un principio nuovo, inventa per
applicare al caso singolo; quindi alemno a quello deve applicarsi
(altrimenti che sentenza e'?), e allora perche' non ad altri?
semmai potremo discutere di disappliczione delle sanzioni e forse
degli accessori (ma gli strumenti giuridici esistono gia', vedi
incertezza normativa e colpevolezza):
ci sono sentenze che dicono che la sanzione non e' mai applicabile in
caso di elusione.
ma come possiamo dire che un principio non si applica retroattivamente
se e' nuvo perche' creato da un giudice ... chiamto a decidere un caso
apssato e quindi ad applicarlor etroativamente?
le possibilita' concrete sono due:
1) ruling preventivo anche giurisdizionale (azioni di accertamento
mero, etc)
2) tempestività nella decisione nomofilattica.
credo che la condizone 2 sia quella veramente dirimente. ma tutto,
come dicevano i vecchi trattati di logica, «sine praeiudicio melioris
sententiae»...
fra mau:
...la Cassazione origina storicamente dal Tribunal de Castion francese
post rivoluzione come longa manus del potere legislativo diffidente
dei giudici possibili alleati dell'ancien regime. La sua funzione non
era tanto giurisdizionale ma piuttosto di controllo sul fatto che i
giudici non debordassero oltre la legge...guarda un pò.
In Italia con la legge del 41 sull'ordinamento giudiziario le viene
attribuita la funzione nomofilattica...ma la sua natura è
giurisdizionale nell'interesse delle parti più che nell'interesse
pubblico di uniforme interpretazione della legge.
Se le categorie valgono qualche cosa e di qualche utilità può essere
richiamarle non possiamo dimenticarci, dividendo ancora una volta il
mondo in due, che il nostro ordinamento appartiene al sistema
denominato di civil law, tale per cui la pronuncia giudiziaria,
nemmeno quella della cassazione a sezioni unite fa precedente
vincolante: essa è giuridicamente vincolante solo per le parti.
Se questo è vero, allora, è completamente fuori luogo parlare di
retroattività o meno dei principi di ratio legis ricavabili dalla
sentenza. In Italia la sentenza, così come i principi da essa recati
nascono e muoiono lì, fra le parti. Legge vuota quella che sancisce la
nomofilachia, nemmeno le sezioni semplici vi sono obbligate (neppure
dopo la riforma del 2006) e neanche l'umile giudice di primo grado.
E invece no! A parte i frettolosi commenti del giornale rosa in cui
taluno (ed io a ruota) ha cominciato a parlare di retroattività...è
indubitabile che in Italia il precedente funziona ma haimè alla
rovescio, mi pare, rispetto a quanto avviene presso gli impavidi
sistemi di common law (qua come avete già notato è un ripiegarsi
comodo su una zuppa, per casi diversi, già masticata da altri)...Il
nostro sistema di fatto più che del precedente dovrebbe denominarsi
del "comodo" precedente. Quindi, ciò che spaventa è proprio questo.
Pensiamoci bene: è ridicolo pensare che la norma generale possa essere
fatta dal giudice...nei paesi anglosassoni il giudice crea la norma
(casomai nuova) sempre e comunque per il caso concreto che ha davanti.
Leggo da Peter Stein "La parte propriamente vincolante di una
precedente decisione è conosciuta coma la ratio decidendi.La ratio
decidendi di un caso non viene determinata dai giudici che decidono il
caso. Essa è identificata dai giudici dei casi successivi, i quali
devono decidere se la decisione costituisce oppure no un precedente
per essi. Tale natura di precedente sussiste se i fatti rilevanti del
caso anteriore sono gli stessi del caso attualmente in
decisione...altrimenti...si dice distinguono il caso anteriore che non
costituisce per essi un precedente. Pertanto il passaggio chiave è
l'accertamento del rapporto di somiglianza o di differenza tra i fatti
rilevanti di due casi". Continua l'autore dicendo che quasto rapporto
di somiglianza o meno dipenderà su cosa il giudice vorrà porre
l'accento. Insomma, traspare chiaramente il ruolo attivo che il
giudice la deve avere...egli deve spremersi. Avete visto sul sole di
oggi, in seconda o terza pagina il processo Madoff (incidentalmente
noto che la il supposto reo è di già in aula...) è raffigurato in
fedele ricostruzione a disegno, come spesso capita negli states nei
report giudiziari, non l'imputato...bensì il giudice. Ottica diversa.
Raffaello Lupi:
Queste sentenze sono un episodio, tra qualche mese neppure ce ne
ricorderemo, come non ci ricordiamo della Philip morris o dell'IRAP-
IVA, o della nullità per illiceità di causa......ogni giorno una
novità uccide la precedente, e il giornale rosa ogni giorno uccide se
stesso, I giornali serovno per le notizie. Al diritto tributario
servono teorie e le teorie non si fanno sui giornali...io i giornalsti
li capisco e gli voglio bene, però servono per parlare a chi non è del
ramo, all'opinione pubblica informata, agli uomini delle istituzioni,
agli opinion makers, agli economisti, ai magistrati, agli
amministratori delegati, che sistematicamente zompano quella parte che
si chiama norme e tributi, così come io zompo "attività
marittima"...anzi il sole 24 ore non lo compro proprio più..e gli
voglio anche bene..e mi hanno anche chiesto di scrivere sull'elusione,
ma a che serve scrivere su un giornale se non ci sono le teorie in cui
inquadrare la casistica? . Quindi? Due fiscalisti si incontrano...che
combinazione! No,...quelle erano due casseforti! Se due fiscalisti si
incontrano non sanno proprio cosa dirsi se non hanno esaminato gli
stessi dettagli...diritto tributario è in briciole per mancanza di una
teoria e non è certo colpa del legislatore, diritto tributario passa
dal dettaglio alla banalità, alla divagazione generica sulla
società...Gli accademici hanno fallito nel creare una teoria che
tenesse insieme i dettagli e in cui tutti potessero riconoscersi...del
resto sono solo professionisti in cattedra, quando va bene, perchè gli
altri non son capaci neppure a far quello (almeno con la parte
professionale un pò ci si parla come si farebbe con altri
professionisti)...però un modello da incubo l'hanno creato e il sonno
della ragione ha creato un vuoto, dove si collocano rispettabilmente
giornali rosa, e gialli, venditori di conferenze, crediti formativi,
sistemi frizzera, ..così come la somma della cronaca non fa la storia,
la somma dei particolari non fa una teoria.....bisogna imparare a
discutere di queste briciole in modo da far vedere anche tutta la
pagnotta...di queste foglie facendo vedere la foresta...ma per questo
ci vuole gente che lo faccia abbastanza a tempo pieno e che lo sappia
fare...è in questo che ius 12 l'accademia tributaria ha tradito la
missione che la società le aveva affidato...le categorie
interpretative sono che se evade un benzinaio figuriamoci la exxon,
non si è percepita la differenza tra aziende e individui, lo spirito
della fiscalità analitico aziendale....si percepisce solo una grande
confusione aumentata dalla carta rosa e gialla dalla pubblicistica e
convegnistica senza guida... giustamente la cassazione e i giudici che
vivono di stipendio non ci capiscono nulla e dove non capiscono bene
(cioè quasi sempre) sono disponibili verso il fisco....
The Planer:
Quando leggo notizie come queste, pubblicate sul sito della CGIA di
Mestre, che sicuramente arriva di più all'impresa che non la rivista
di WKI, che sottendono un qualcosa di impensabile, mi sovviene qualche
dubbio sulla comprensione della fiscalità dei soggetti che svolgono
attività commerciali
L'ACCERTAMENTO NEI CONFRONTI DI UN PARRUCCHIERE
Lunedì, 14 Luglio 2008 - 07:00
Un artigiano parrucchiere si è visto notificare un avviso di
accertamento con il quale il Fisco ha rettificato, in aumento, i ricavi
dichiarati e, conseguentemente, il reddito tassabile. *Il fatto non
meriterebbe di essere ricordato se non per due motivi: la rettifica dei
ricavi è avvenuta per "via induttiva", sulla base del consumo di energia
e della mancanza di giacenze di shampoo, il parrucchiere è stato in
grado di esibire ai verificatori le proprie scritture contabili
regolarmente tenute.*Ciò significa che _*l'Amministrazione finanziaria
aveva ritenuto legittimo disattendere le scritture contabili,
regolarmente tenute, utilizzando presunzioni semplici, ma gravi, precise
e concordanti, basate su dati e notizie raccolti durante l'istruttoria*_
(i consumi di energia e di shampoo).Contro questa posizione
dell'Amministrazione, il parrucchiere si era opposto proponendo ricorso
contro l'accertamento dinnanzi alla Commissione Tributaria
Provinciale.Il ricorso era stato accolto, come era stato respinto il
successivo appello presentato dall'Amministrazione in Commissione
Regionale.A questo punto, pur con due sentenze sfavorevoli,
l'Amministrazione non ha abbandonato il contenzioso e si è rivolta alla
Corte di Cassazione.
Con una recente sentenza (n. 13952/08) la Cassazione ha dato ragione al
Fisco, riconoscendo legittimo l'accertamento emesso nei confronti del
parrucchiere basato sui consumi di energia e sulla mancanza di giacenza
di shampoo, anche in presenza di scritture contabili regolarmente tenute.
Le scritture contabili tenute regolarmente non impediscono la
ricostruzione indiretta e induttiva dei ricavi sulla base di presunzioni
gravi, precise e concordanti. Questa sentenza è in linea con
l'orientamento già assunto con precedenti decisioni che riconoscono
legittime, a prescindere dalle risultanze contabili, le ricostruzioni
dei ricavi sulla base di elementi ritenuti idonei a dimostrare
l'inattendibilità del volume d'affari dichiarato. Per il parrucchiere
gli elementi considerati sono stati il consumo di energia e il consumo
di shampoo; in altri casi si può trattare della capacità produttiva,
della manodopera impiegata ecc., oppure, come nel caso ormai divenuto
famoso riguardante un ristorante, in cui i ricavi sono stati determinati
partendo dal numero dei tovaglioli lavati.
Raffaello Lupi:
Perchè dici qualcosa di impensabile? Mi sembra tutto molto
comprensibile....il parrucchiere nelle scritture ci scrive quello che
vuole, bisogna vedere quanto aveva dichiarato...sono altri riflessli
della mancanza di una teoria della tassazione individuale...non è che
non ci sono principi, ma i principi sono diluiti, a pezzettini,
innumerevoli individui percepiscono sensazioni, spunti, riferimenti, e
nessuno li mette assieme, è questo il senso della frase secondo cui
"manca una teoria della tassazione individuale"..
The Planer:
Antieconomicità: idraulico non congruo ed adeguato appiattimento dei
ricavi con reddito da attività di 4000 mila euro per 3 anni, dipendenti
in incremento, figlio a carico....
Un discorso di antieconomità intesa come _sottofatturazione _ ci sta
come elemento presuntivo corroborato appunto dalla struttura
dell'azienda, dal fatto che la stessa rappresenta fonte di reddito
primaria...
Anzi per accertare questi soggetti servirebbero più conoscenze di
merceologia e qualche rudimento a livello di principi di tassazione che
non della sapienza contabile o giuscommercialistica
Diversa è l'antieconomicità applicata alla situazione contabile fiscale
di un'impresa che fa piastrelle, che ha personale tecnico per la
progettazione delle medesime ma che appalta all'esterno la commessa per
la realizzazione di un prodotto.... Magari per un valore elevato....
Ecco qui un rilievo di _antieconomicità _cozza contro la struttura
stessa del soggetto (per cui poi verrebbe da scrivere a Raffaello: ma
dove sta l'evasione ? uno deduce l'altro è tassato)....e scadiamo nel
soggettivo.......un po' come con le "valide ragioni economiche"
nell'elusione che vengono anteposte ai principi fiscali aggirati
(principio di continuità dei valori fiscalmente riconosciuti; divieto di
compensazione intersoggettiva; simmetria dei flussi di reddito; divieto
di doppia imposizione e quindi esenzione; divieto di commercio delle
perdite; divieto di sfruttamento delle norme pattizie contenute nei
trattati internazionali per ritrarre da ambedue gli ordinamenti risparmi
fiscali; neutralità delle operazioni straordinarie; meccanismi di
agevolazione/credito fiscale per ottenere indebiti vantaggi...)
Silvia:
Si, ma diventerebbe un lavoro molto dettagliato e analitico per ogni
categoria di soggetti...troppi costi?sicuramente costruire una teoria
individuale darebbe risultati più precisi e realistici, lo spread o
lo scarto diminuirebbe...
(interventi di Raffaello Lupi, Claudio Cerutti, Marcello Tarabusi, The Planer, Silvia e fra mau)

mercoledì 7 gennaio 2009

ABUSO DEL DIRITTO

The Planer:
L'abuso del diritto è un'istituto che va maneggiato con cura....la sua
applicazione ha un senso nell'ambito iva, dove non esiste una norma di
carattere specifico per prevenire aggiramenti fiscali dettati da
ragioni esclusivamente o più frequentemente prevalentemente fiscali.
Nell'ambito dell'imposizione diretta non se ne avverte assolutamente
la necessità, posto che l'ordinamento ha in sè norme sostanziali
(transfer pricing, black list, 109 entro certi limiti) o
parasostanziali (a seconda della collocazione che vogliamo dare al 37
bis) che consentono in qualche modo di reprimere fenomeni di
aggiramento tributario....
In realtà il problema effettivo, che la giurisprudenza e a mio avviso
poco la dottrina pure, hanno toccato è proprio il discorso
dell'aggiramento, anzichè del vantaggio economico dell'operazione....
Ma per individuare l'aggiramento occorre avere ben presente che i
principi aggirati (assenza di norme di principio nell'ordinamento
tributario) non sono codificati:
si trovi la norma che individua il salto d'imposta, il divieto di
compensazione intersoggettiva della perdite, etc....
La giurisprudenza di cassazione sull'abuso del diritto in materia di
II.DD., che ha un solo relatore, in realtà va calata altresì nel
contesto: si tratta spesso di casi vecchi in un ordinamento tributario
che non aveva norme specifiche di contrasto....
Peraltro ripeto è un po' spinta....può essere anche che a breve vi sia
un revirement....
Non che non ci siano i principi, per carità...un giurista potrebbe
dire: cosa dici ci sono le preleggi del C.C. che consentirebbero
l'applicazione comunque nell'ambito tributario.....
Non mi riferisco ovviamento al dato normativo.....mi riferisco alla
diffusione del concetto e alla sua elaborazione concettuale per
l'applicazione....
non sono le valide ragioni economiche che
caratterizzano il 37bis ma L'AGGIRAMENTO DEI DIVIETI ED OBBLIGHI,
elemento che non viene mai evidenziato ma che è STRUTTURALE per la
norma: ogni operazioni, normalmente, ha una validità economica ma deve
essere posto in rilievo il comportamento anomalo del soggetto che per
ottenere il risparmio d'imposta ha posto in essere comportamenti che
non sono consentiti dall'ordinamento. Se il comportamento finalizzato
anche al risparmio d'imposta è fisiologico, compatibile con
l'ordinamento, allora è lecito.
Quando il comportamento è elusivo, cosa elude? Elude dei principi
generali dell'ordinamento che non sono CODIFICATI, ma che
caratterizzano il sistema fiscale (divieto di alterazione della
continuità dei valori fiscali, compensazione intersoggettiva delle
perdite, neutralità delle fusioni, salti d'imposta, violazioni delle
simmetrie nella determinazione reddituale....) Ecco perchè è comunque
difficile l'applicazione della norma antielusiva, è prevista una
procedura che valorizza il contraddittorio....
L'antieconomicità della gestione non c'entra una mazza con l'elusione
fiscale perchè attiene al fenomeno evasivo
Allo stesso modo l'abuso di diritto, nelle ipotesi elaborate dalla
Cassazione, riguardano fattispecie, per le II.DD., risalenti, in cui
non esistevano norme specifiche e comunque non era applicabile l'art.
37-bis....Per fare una comparazione, la Cassazione, aldilà dei profili
di merito, ha agito come la Corte di Giustizia, se vogliamo anche in
maniera più approfondita metodologicamente, aldilà sempre del merito,
spolverando la figura dell'abuso di diritto, per confermare
l'illeceità tributaria di fattispecie riguardanti comportamenti
reputati contrari ai principi dell'ordinamento fiscale, laddove non
esistevano norme specifiche. Come avviene per l'abuso di diritto nell'iva......

Marcello Tarabusi:
“il male è che la massima comincia a vivere per conto suo, si diffonde
nei repertori, si consolida: e allora accade che viene il momento in
cui essa si impone, per tirannica forza d’inerzia, ad altri giudici,
che trovandola formulata in termini generali vi restano imprigionati
come in un ingranaggio e si sentono portati ad applicarla anche a casi
che, pur rientrando formalmente nello stesso schema tipico, non si
fondano però su quelle ragioni di equità individuale, da cui la prima
volta quella massima è stata suggerita”
P. Calamandrei, La funzione della giurisprudenza nel tempo presente,
in Riv. trim. dir. proc. civ., 1955, p. 262.
(interventi di The Planer e Marcello Tarabusi)

sabato 3 gennaio 2009

il concetto di DIRITTO in ambito tributario

La legislazione in materia tributaria finisce per mettere in ombra il
diritto, inteso non come una serie di “principi di natura”, di
preferenze politiche e morali sull’organizzazione della società, come
fosse una specie di diritto naturale. Il diritto è uno strumento di
organizzazione sociale che serve a capire il comportamento delle
istituzioni, dei giudici , degli uffici amministrativi, degli
individui e delle organizzazioni, scomponendolo nelle sue cause e
consentendo di comprenderlo. Se si pensa che il diritto sia quello che
esce sulla gazzetta ufficiale non si capisce nemmeno quello,
perchè...è importante ma non totalizzante..la legislazione serve a
condizionare i comportamenti delle istituzioni, dei giudici, degli
uffici amministrativi, che sono poi l'oggetto del diritto....se non si
ha una idea del tutto è inutile correre dietro alle parti
all'elusione, all'antieconomicità, alle spese di rappresentanza etc..
Le materie con una tradizione possono permettersi di non chiedersi
cos'è il diritto e che rapporto ha il diritto con le altre scienze
sociali, e come le scienze sociali si distinguono dalle scienze
fisiche...perchè tanto il loro ruolo, la propria missione ce l'hanno
nella pelle, grazie alla loro tradizione o alla loro
collocazione ...una materia che non sa in quale misura è
giuspubblicistica, giusprivatistica, economica, contabile politica o
sociale (diritto della tassazione individuale insomma) deve
chiederselo se vuole svilupparsi. Purtroppo l'accademia non se l'è
chiesto e non rappresenta nulla, diciamo che complica le cose semplici
e quando va bene arriva a fare "legislazione fiscale", mentre se va
male scade nelle divagazioni politico sociali, chiacchiere da sala
d'aspetto che chiunque è in grado di fare..per questo ius 12 sigla
dell'accademia tributaria ha fallito il proprio compito di elaborare
una teoria della tassazione individuale. Solo prendendone atto si può
cominciare a costruire una teoria della determinazione giuridica della
capacità economica individuale.
(intervento straordinario di Raffaello Lupi)