martedì 30 giugno 2009

LE DETERMINANTI 17: COME TASSARE 4: le anomale imposizioni sulle entità economiche intermedie

In fondo, ogni entità economica è pur sempre misurabile. Occorre, ovviamente, coerenza e razionalità nell’individuare una convenzione di misurazione ma questo non esclude che ciò si possa fare. E’ l’individuazione dell’oggetto della misurazione (strumentale all’imposizione) che deve reggere alla prova dei fatti. Come ben sappiamo, quindi, l’entità economica esprimente la c.d. materia imponibile deve rappresentare vera ricchezza, attuale e, soprattutto, effettiva. Il patrimonio ed il reddito (sia esso reddito entrata oppure reddito prodotto e, financo, reddito consumato) posseggono, mi pare, tale fondamentale caratteristica.

Non così, invece, le c.d. “entità economiche intermedie”, ciò, che, in buona sostanza, può essere definito proto reddito oppure proto patrimonio. Queste entità hanno sì la caratteristica dell’economicità ma sono in via di formazione: non sono ricchezza vera, non sono effettive, mancano, cioè, di quel requisito voluto da sempre, mi pare, dalla Consulta. Prendiamo, ad esempio, l’IRAP, non per criticarla, ancora una volta, ma quale oggetto d’indagine. Il presupposto è l’organizzazione. La frase è semplicistica ma rende. Quale è la materia imponibile, in questo caso, esprimente capacità contributiva, sottoposta all’ablazione fiscale a titolo d’imposta. E’ bene, al riguardo, al fine di rimanere ancorati con i piedi per terra, che l’imposta toglie ricchezza, concreta e non ipotetica, al contribuente da destinare alla casse pubbliche. Ricchezza, appunto. Orbene, l’organizzazione non è ricchezza ma un suo “ingrediente”, un c.d. fattore della produzione, il ruolo cioè dell’imprenditore che combina gli altri fattori della produzione (capitale e lavoro, come insegnano gli economisti classici). L’organizzazione (l’imprenditore) concorre a produrre la ricchezza finale (reddito o patrimonio) ma di per sé non può essere considerato materia imponibile, proprio perchè l’imprenditore (l’organizzazione) è solamente un fattore della produzione, non il risultato finale, nonostante si sia individuata una, più o meno fondata, convenzione per misurarne, in qualche modo, la dimensione economica. Nell'irap, insomma, vale, purtroppo, il principio: paghi in quanto imprenditore, indipendentemente dalla ricchezza che produci.

lunedì 29 giugno 2009

LE DETERMINANTI 16: COME TASSARE 3: coerenza fra ricchezza e sua misurazione

Riflettendo sulla tematica oggetto di questo intervento il pensiero corre, frequentemente, all'oggetto economico dell'imposizione, insomma, a quell'entità economica che dovrebbe fondare la c.d. capacità contributiva. E' fuori dubbio che, come già detto, il reddito ed il patrimonio sono, allo stato attuale, i fenomeni economici di più facile apprensione. Ed è lecito dubitare che, anche in prospettiva, possano essere superati da altre, altrettanto convincenti, convenzioni di misurazione contabile. Data una determinata entità economica ne consegue una tecnica di determinazione/quantificazione ai fini fiscali, cioè la sua misurazione (altrimenti detta, base imponibile). Questi sono i due momenti cardine del fenomento impositivo:

- individuazione dell'entità economica che concretizza ed, al tempo stesso, fonda la capacità contributiva;

- sua misurazione al fine di applicarvi l'aliquota d'imposta per "ablarne" quota parte da destinare coattivamente alle entrate pubbliche (asservite alle correlative spese).

Il secondo momento, quindi, si pone quale complemento, a completamento della dinamica strutturale d'imposta e deve essere coerente con l'oggetto economico di misurazione.

Si potrebbe, quindi, concludere, approssimativamente che, se l'entità economica è patrimonio questa va misurata con metodiche differenziali del tipo "attivo - passivo", mentre se essa è di tipo reddito, la metodica dovrà essere, per lo più "ricavi - costi", oppure "entrate - uscite". La misurazione, infine, deve essere la più oggettiva possibile così come l'entità economica misurata dovrà possedere l'imprescindibile requisito della effettiva quantificazione monetaria.

mercoledì 17 giugno 2009

LE DETERMINANTI-15: COME TASSARE 2: l'autonomia dei principi tributari

Il punto critico, da far chiaramente emergere, nell’ambito di un dibattito focalizzato a porre in evidenza la supposta sussistenza di autonomi principi, propri del diritto tributario, riguarda, appunto, come, i concetti mutuati da altre “scienze” giuridiche od economiche ma non solo, possano trovare un proprio specifico, più che autonomo, significato nell’ambito della materia fiscale.

Il punto di frattura ed, al tempo stesso, anello di congiunzione, rappresentato da queste seconde logiche di coerenza, trae la propria genesi dalle presupposte caratteristiche attribuite alla norma tributaria dagli effetti che essa produce a livello macroeconomico e che consistono, come abbiam visto, non solo nel procurare un’entrata allo stato, così come favorire la stabilizzazione, lo sviluppo e la redistribuzione del reddito ma, anche, causare possibili conseguenze sul fronte dell’evasione, elusione, traslazione, ecc.

Proprio da questi presupposti, specifici della materia finanziaria, che ben pongono in evidenza la duplice finalità insita nella norma tributaria (che consiste, appunto, da un lato nel sottoporre ad imposizione un determinato presupposto d’imposta, e, dall’altro, procurare quell’effetto conseguenziale di manovra economica voluta dal potere politico), si trae giustificazione, nel rispetto dei limiti posti dalla costituzione, di quegli adattamenti che le metodiche, mutuate da altre discipline, devono subire nella materia tributaria (bilanciamento fra precisione, semplicità, certezza, ecc) e che molto spesso, ad una superficiale analisi, sembrano stridere proprio con quei teorici principi da cui traggono, appunto, origine.

La sussistenza di autonomi principi di diritto tributario, rinviene, quindi, per la sua maggior parte, giustificazione, da questa ricostruzione / ricognizione del fenomeno finanziario.

Solo ora, a mio parere, cioè dopo aver indagato previamente concetti, macro economici, di economia della finanza pubblica, di diritto finanziario, si può cogliere, con maggior compiutezza, la particolarità della norma tributaria. Chiave di lettura, questa, che si pone, a sua volta come premessa chiarificatrice degli ulteriori sviluppi, principalmente giuridici, dell’analisi del fenomeno finanziario – tributario.

lunedì 15 giugno 2009

LE DETERMIANTI-14: COME TASSARE 1 - introduzione

Nel trattare questa fondamentale tematica del “come tassare” si dischiude la porta a quell’ampio settore, oserei dire determinante, delle c.d. “ seconde logiche di coerenza” del diritto tributario (essendo le “prime”, come detto rinvenibili dalle, più volte richiamate, classiche tematiche, proprie della scienza delle finanze). Il “come tassare”, è inevitabile, si avvale del rimando alle elaborazioni di altre discipline, contigue e complementari al diritto tributario: in primis la ragioneria (per la determinazione dei redditi d’impresa) e l’estimo (per la determinazione dei redditi fondiari). Il riferimento alle metodiche di tali materie non può essere, però, effettuato in modo asettico ed acritico. Le logiche, proprie del diritto tributario, ne impongono un riadattamento che tenga conto di quelle necessità tipiche nella gestione statuale dei tributi, fra cui in ordine d’importanza una corretta contemperazione fra le opposte esigenze di equità, precisione, certezza, efficienza e semplicità, come ben approfondito dal LUPI.

venerdì 12 giugno 2009

LE DETERMINANTI-13: RIEPILOGO

Prima di affrontare una breve riflessione sulla "determinante" relativa al COME TASSARE, dischiudente, a sua volta, la porta sull'ampia tematica del quelle che chiamo "seconde logiche di coerenza", direttamente influenzanti il diritto tributario, mi pare opportuno effettuare un breve riepilogo di quanto fino ad ora esposto:

- le moderne esigenze finanziarie portano a considerare il bilancio dello stato, su cui si scaricano le c.d. opzioni politiche di primo livello, non solo quale mero strumento di gestione delle entrate e delle spese ma anche un potente mezzo di politica economica volta alla redistribuzione del reddito, allo sviluppo e stabilizzazione dell'economia;

- la scienza delle finanza, sul fronte delle entrate, in particolare, ben descrive quei particolari effetti delle imposte consistenti nell'evasione, sic et simpliciter, nella evasione da elusione, erosione, rimozione, ammortamento e traslazione dell'imposta, di cui un saggio legislatore fiscale deve tener conto al fine di normare in modo, per quanto possibile, solido e perequato il sistema tributario;

- l'opzione politica di secondo livello, conduce, infine, ad affrontare concretamente l'oggetto della tassazione, che sempre con l'usilio della scienza delle finanze, altrimenti detta economia della finanza pubblica, porta a dover risolvere previamente, alcuni fondamentali quesiti, costituenti le c.d. "prime logiche di coerenza": chi, che cosa, perchè, quanto, dove, quanto ed, infine, appunto, COME TASSARE.

LE DETERMINANTI-12: QUANDO TASSARE

La necessità umana, in ogni campo o settore della sua attività, di sincronizzazione degli avvenimenti, porta, inevitabilmente, a cadenzare ciò che in realtà, se ben si presta attenzione, si manifesta come un unicum divenire, e questo anche in campo tributario. Quando tassare? Quando si manifesta quel particolare fatto che viene, dalle singole leggi fiscali, definito presupposto d'imposta. Per i classici ciò avvalora la teoria dichiarativa: gli adempimenti successivi del contribuente fotografano tutti quegli accadimenti, a rilevanza impositiva, racchiusi e compendiati in quella particolare frazione temporale definita periodo d'imposta, perlopiù coincidente con l'anno solare. Unicum, si è detto: ed allora paiono ingiustificate, da un punto di vista teorico formale, anche se capibili dal lato pratico, le varie limitazioni afferenti le misurazioni di quei fenomeni economici che oltrepassano l'ambito temporale di compendio, quali ad esempio, i limiti al riporto delle perdite che, fra l'altro, possono solo essere conteggiate in detrazione di redditi futuri e non passati. Si pensi, al riguardo, ad una perdita, rilevante, realizzata in sede di chiusura attività, che, di fatto, diminuisce ed annulla redditi che hanno trovato imposizione in precedenti esercizi. Le necessità del moderno stato, pachidermicamente cresciuto nei bisogni finanziari ha, poi, reso inevitabile il ricorso alle c.d. anticipazioni d'imposta, in corso d'esercizio, cioè ancor prima che sia compiuta, definitivamente, la misurazione economica del presupposto d'imposta. Finalità agevolative dovrebbero, infine, portare a ritenere auspicabile una mitigazione della tassazione nella fase d'avvio, o di start up, di talune iniziative imprenditoriali o di lavoro autonomo, specie se condotte da giovani che, invece, vengono penalizzate proprio dal, talvolta perverso, meccanismo delle anticipazioni d'imposta.

giovedì 11 giugno 2009

LE DETERMINANTI-11: DISCRIMINAZIONE QUALITATIVA

Si può notare, solo in apparenza, un trade off fra la puntuale ricerca della sistemizzazione dei criteri di determinazione della capacità economica, da una parte, e la fase d’accertamento, dall’altra.
Infatti, si insiste molto sulla necessità di stabilire corretti principi giuridici di misurazione dando, però, molto spazio alla prova presuntiva, soprattutto nella determinazione del reddito dei piccoli autonomi.

Ampio approfondimento viene dedicato alla prova ed al particolare atteggiarsi che essa assume in campo tributario: l’empirismo, il probabilismo ed il ruolo dell’interpretazione nel giudizio sul fatto.

Ritengo, però, che, per completare l’analisi, dovrebbe essere posto nel giusto rilievo anche il c.d. principio della “discriminazione qualitativa della capacità economica”.

Gli studi, ed il sistema positivo, si sono troppo, se non esclusivamente, appiattiti sull’aspetto quantitativo (con i miraggi utopici, irrealizzati, della personalità e progressività).

Il TUIR discrimina solo formalmente i redditi (salvo l’eccezione di quelli fondiari).

I redditi d’impresa (è ovvio constatarlo), ad esempio, non sono tutti uguali e la loro discriminazione qualitativa si palesa come una necessità giuridico sistemica, dando, ciò, maggior fondamento ad un diverso regime di determinazione – prova dei medesimi, come sopra detto.

La discriminazione qualitativa permette allo studioso di percepire meglio i fenomeni tributari: dall’imposizione all’evasione ed, infine, all’accertamento.

Si possono intendere con miglior cognizione di causa la sussistenza d’imposte sostitutive, così come la tassazione di favore di taluni cespiti economici, oppure, ancora, l’introduzione d’imposte cedolari disancorate dalla globalità dell’imposizione personale.

E’ ovvio che le finalità che in concreto guidano tal discriminazione qualitativa possono essere politicamente le più varie (con un notevole, eppur legittimo, influsso di finalità extrafiscali).

Tutto mantiene un suo valido fondamento anche alla luce del 53 Cost. il quale si “limita” a statuire solamente che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva”...e non si potrà di certo dire che attuando il principio della corretta discriminazione qualitativa dei redditi si viola il principio della progressività, anzi è vero l’opposto, infatti:

violando il primo (discriminazione) si violano contemporaneamente sia quest’ultimo (progressività) che quello, ancor più basilare, della capacità contributiva.

E tal discriminazione, per operare compiutamente, deve essere concretizzata oltre che all’atto di determinare l’aliquota, ancor prima nel momento di calcolo della base imponibile, così come, infine, nella fase d’accertamento.

LE DETERMINANTI-10: DOVE TASSARE

L'elemento spaziale, in ambito finanziario e tributario si colora, principalmente, di tinte prettamente giuridiche, pur essendo queste una conseguenza logica anche di un ampio dibattito, estremamente attuale, riguardante l'architettura accentrata o decentrata del sistema fiscale. Tinte prettamente giuridiche in quanto la potestà legislativa ed impositiva tributaria non può che esplicarsi nell'ambito del territorio dello stato ma, avendo quali referenti soggettivi coloro che realizzano presupposti impositivi, ecco che possono venire in rilievo anche fatti che hanno avuto la loro genesi non solo nello stato ma anche all'estero, purchè riferibili ai soggetti sottoposti alla potestà fiscale domestica. Viene in rilievo, poi, la tematica della mobilità internazionale della ricchezza così come le agevolazioni territoriali, con conseguenti discriminazioni impositive, seppur, per quanto riguarda il nostro continente, ammesse eccezionalmente secondo la recente normativa europea. L'elemento soggettivo-territoriale, componente essenziale dello stato, condiziona, poi, le scelte politiche, come attualmente, riguardanti la struttura accentrata o decentrata della finanzia pubblica. E' ineludibile il fatto che, seppur si voglia perseguire una correlazione mirante ad aumentare l'efficacia ed efficenza della globale architettura del sistema di finanziario, esso deve costantemente ricondursi ad unità, sia per ragioni giuridiche (con il venire in rilievo dei principi costituzionali di solidarietà ed uguaglianza che sono nientaltro che delle protonorme del principio di capacità contributiva), sia pratiche (in quanto un sistema frastagliato e non coordinato altro non può che portare all'effetto opposto rispetto a quello voluto: l'ingestibilità, l'inefficaciea e l'inefficenza).

lunedì 8 giugno 2009

LE DETERMINANTI-9: QUANTO TASSARE

Mi pare che, prima di affrontare il tema centrale relativo al COME TASSARE, occorra brevemente soffermarci sull’altrettanto importante e previo aspetto del QUANTO TASSARE.
E’ ovvio, il quantum condiziona il come ed il chi tassare, ed è diretta conseguenza dei condizionamenti di finanza pubblica. Il fabbisogno finanziario e gli obbiettivi tradizionali e di finanza funzionale, pesantemente incidono sulla determinazione del livello di tassazione.
Varrebbe la pena riflettere sul fatto se veramente l’aspetto quantitativo finanziario possa incidere sul momento qualitativo del rapporto tributario, cioè sulla determinazione giuridica della capacità economica.
E’ presto detto: no! In quanto la determinazione della capacità economica sta oltre: gli aspetti quantitativi non devono portare a distorcere i corretti criteri di misurazione del reddito, del patrimonio, del consumo, ecc.
Di fatto, purtroppo, una lettura realistica del fenomeno tributario – finanziario, porta ad una conclusione diversa: le necessità finanziarie, la mancanza di una solida teoria tributaria radicata, la fretta, l’approssimazione dell’azione di governo e della conseguente diramazione ministeriale, spesso concretizzantesi nella necessità di assumere provvedimenti caratterizzati da bassa trasparenza ed elevata viscosità, portano all’introduzione di divieti di deduzione ed altro poco giustificabili da un punto di vista costituzionale, nonostante le plurime pronunce della Consulta facenti leva sulla discrezionalità del legislatore.