mercoledì 17 dicembre 2008

per una TEORETICA GIURIDICO FINANZIARIA

La letteratura giuridico finanziaria spagnola è floridissima e l'articolo riportato più sotto non ne è che un piccolo esempio. Leggendolo non si può che apprezzare come le tematiche finanziarie (di cui il tributo ne rappresenta solo una parte) possano ricevere un'adeguata sistemizzazione giuridica, senza per ciò scendere in valutazioni per così dire politiche. L'opera del giurista finanziario tributarista è di formazione delle coscienza, soprattutto, dei politici chiamati a prendere decisioni circondati da un habitat giuridico ben preciso ed attento alle loro decisioni. Facendo il paragone fra noi e la Spagna (paese latino con cui ben ci possiamo confrontare) allora si vede come la frattura nostrana fra tributo, diritto finanziario e spesa pubblica sia una delle cause dei problemi che assillano il nostro sistema di finanza pubblica. Certo da 60 anni le materie si sono separate ed il diritto finanziario anche da un punto di vista accademico è diventato merce rara (Amatucci, Battistoni Ferrara e non so quanti altri) senza alcun dialogo col tibutario ed i tempi, non per un ritorno al passato ma per una virtuosa ed evolutiva riscoperta al servizio della società, temo, purtroppo, siano ben distanti.

Non c'è bisogno che lo dica: sono sempre stato affascinato da ciò che sembra star oltre il diritto tributario...quell'area sconosciuta, ai più, e poco indagata che sta mezza via fra il diritto finanziario e la scienza delle finanze (per usare due termini stereotipati). Guardo questi confini indefiniti pensando che li si possa trovar qualcosa di utile per la nostra materia: il diritto tributario, appunto. Mi son sempre detto che è impossibile una frattura netta fra tali aree d'indagine, anzi, è intuibile che fra esse vi siano delle zone di sovrapposizione (un pò come negli insiemi), pensando anche che la spiegazione di ciò che sta di qua si può trovare, in parte, in ciò che sta di là. Sapete bene che sono un neofita per cui mi meraviglio di banalità, come la seguente: la norma di bilancio condizione quella tributaria, per cui se quella non viene approvata rimane senza efficacia anche questa, cioè non si posson riscuotere le imposte. In una visione, quindi, gerarchica la nostra cara norma tributaria, che guardiamo e talvota indaghiamo non vive di vita propria ma di energia riflessa che gli proviene dalla legge di bilancio (una norma a gradi, come dice Kelsen e concetto caro a The Planer). Su altri mondi telematici ebbi a dire che la norma tributaria, rispetto, ad esempio, a quella civile ha una duplice finalità: una immediata che sarebbe l'imposizione ed una mediata che sarebbe l'effetto che tale norma deve produrre secondo la mission ad essa assegnata dalla norma di bilancio, appunto. Ecco perchè la norma tributaria se quella non vige a sua volta è inerte...non sussiste lo scopo di base...la causa (in barba agli Osteggiatori del Griziotti e Vanoni)...beh...il discorso portebbe anche continuare...ma per il momento di più non ho partorito...(faccio un po di riassunto delle congenierie precedenti che mi pare si azzecchino con la presente: la spesa pubblica ex 53 è giustificazione del prelievo...forse non ho detto altro in precedenza...)
Dopo l'ultima discussione nel forum sull'extragettito mi pare d'aver chiuso il cerchio sulla tematica del rapporto giuridico finanziario iniziata qualche mese fa in altri lidi.
L'insoddisfazione mia nasceva dal constatare come il rapporto giuridico d'imposta (anche se tale terminologia è un poco vetusta secondo me rende bene) s'arrestasse di fronte alla definitività o del prelievo o del rimborso. Le situazioni soggettive tipiche di tale rapporto spaziano dal diritto soggettivo all'interesse legittimo.
Constatando che la dazione tributaria trova fondamento nell'art. 53 Cost, il quale come ben sappiamo recita che tutti devono concorrere alla spesa pubblica, poi, ho concluso che pur essendo logico concludere per l'acausalità dell'imposta, tale assunto non può essere inteso in senso assoluto.
Infatti, il conveniente utilizzo doveroso da parte della P.A. della risorsa finanziaria acquisita per fronteggiare le pubbliche spese rappresenta la concretizzazione di un interesse diffuso insito nella collettività.
Tale aspetto mi ha portato, anche, a concludere che il rapporto giuridico d'imposta, pur con spiccati elementi d'autonomia, si stempera (o meglio dire, fa parte) di un più ampio rapporto giuridico finanziario.
Se questo è rapporto giuridico, allora, in esso vengono in rilievo delle situazioni soggettive: da un lato l'interesse diffuso nella collettività affinchè la risorsa finanziaria (scaturente dalle imposte) venga usata (bene) nella spesa pubblica, mentre dall'altro sta la doverosità dell'azione della P.A. nell'essere (doverosamente) efficace ed efficiente in tale destinazione.
Orbene, l'interesse diffuso non può essere azionato dal singolo e non di certo, almeno nell'ambito di un construtto giuridico sociale che non arrivi alla rottura addirittura mediante il rifiuto di fatto alla dazione tributaria.
La Corte dei Conti, in particolare attraverso l'azione del Procuratore Generale ben può esercitare, di fronte appunto alla magistratura contabile, un'azione a tutela dell'interesse diffuso della collettività precitato. Altro discorso è poi l'indagare se i controlli sono efficaci oppure no...
Comunque qua, mi pare, si chiude il cerchio di tale parabola da un punto di vista giuridico.
E' di tutta evidenza che la sanzione esercitabile dal cittadino mediante il voto contrario è totalmente al di fuori di ogni possibile orbita d'indagine giuridica.

"unanimemente si accetta il fatto che il tributo sia costituzionalmente vincolato alla spesa e che tanto il tributo quanto la spesa pubblica siano orientati dagli stessi principi materiali enunciati dall'art. 31 Costituzione spagnola. Per le entrate vige il principio materiale di giustizia nell'imposizione e per la spesa vige il principio dell'equità nelle assegnazione delle risorse pubbliche oltre quello dell'efficienza. Pertanto lo Stato può concretizzare il sistema finanziario per servire i fini sociali attraverso meccanismi che si attuano congiuntamente. Il sistema tributario si attua mediante una adeguata distribuzione dei carichi fiscali e congiuntamente mediante l'equitativo riparto delle spese pubbliche. Tali principi giuridici da cui scaturiscono diritti soggettivi alla corretta spesa pubblica godono della garanzia di copertura giuridica mediante il ricorso di incostituzionalità (regolato dall'art. 161 e 53 Cost. Esp.) al Tribunale Costituzionale. Tale ricorso d'incostituzionalità che attua il diritto soggettivo di ciascun cittadino si propone avverso a quelle leggi tributarie e di spesa che non realizzano una equa ed efficiente spesa pubblica, così come consacrato nei principi costituzionali, senza, perciò, invadere il campo dell'autonomia delle scelte politiche del governo e del parlamento. Il ricorso costituzionale è ammesso anche per le leggi che non provvedano per ommissione".


Mi riconosco appieno in tale compimento del fenomeno tributario. Entrata = spesa. Se ho dei doveri sul tributo devo avere anche dei diritti (che io non osavo andar oltre se non definendoli interessi diffusi) al controllo della spesa. Controllo della spesa che in Italia avviene in modo ridicolo con la legge formale di approvazione del rendiconto, oppure, con tutti i limiti, mediante la Corte dei Conti (ma anche in Spagna sussiste il Tribunale Contabile con le stesse funzioni).

Quindi, esiste un sistema positivo (quello spagnolo, per l'appunto) che concretizza, in modo esemplare, una costruzione corretta e concreta del fenomeno tributario, attribuendo ai cittadini il diritto soggettivo (mediante il sindacato di costituzionalità) delle leggi tributarie di spesa.

Il bello è che leggendo la dottrina spagnola ci si accorge come essa abbia guardato con estrema attenzione quella classica Italiana (Giannini ed altri).

Quà il vero danno lo ha causato il scisma scienza delle finanze e diritto tributario, senza accorgersi d'aver buttato il bambino (diritto finanziario) con l'acqua sporca (la sicenza delle finanze come materia prettamente economica).

Quello che amareggia profondamente è che tale modo di ragionare, assolutamente zoppo e monco, si sia talemente radicato, che le sacrosante ovvietà di cui sopra, attuate mirabilmente dagli iberici, nemmeno vengono prese in considerazione dagli studiosi nostrani.

Altro che rapporto acausale...

Il problema del fenomeno tributario non sta solo nella pessima e caotica tecnica legislativa e non solo nell'evasione.

Non è solo un problema di segnalati e non segnalati -- per carità, tutte cose vere ed importanti -- ma di anche come viene sperperata la risorsa ritratta dal tributo, cioè la spesa...senza dar adeguati mezzi di tutela ai cittadini...contribuenti.

Con quanto scritto ho chiuso definitivamente il cerchio.

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