martedì 9 dicembre 2008

INFORMATIVA DI BILANCIO IPERTROFICA?

...provocazione da Fra Mau: per una corretta informativa di bilancio basterebbero due paginette...
Marcello risponde:
mi permetto di dire due cose su una materia a me estranea ;)
1) le "due paginette" esistono, si chiamno conto economico e stato
patrimoniale (negli IFRS sono 4, c'e' anche il rendiconto finanziario
e le variaizoni del patrimonio netto). Esiste in letteratura
americana una serie di studi sulla "non visibilita'" dei dati forniti
in nota integrativa. quando il FASB, nello SFAS 33 del 1979, impose di
pubblicare insieme i dati a costo storico e quelli a valori correnti,
dopo alcuni anni concluse che i dati forniti in base allo SFAS 33
erano irrilevanti:reducing the number of disclosures and simplifying
the remaining require
ments might enhance the usefulness of the information (sfas 89, basis
for conclusions, par. 115: http://www.fasb.org/pdf/aop_FAS89.pdf)

2) che l'inefficienza informativa sia (con)causa della crisi e'
un'asserzione da circostanziare. Facciamo riferimento al valore
semantico dell'informazione (gli utilizzatori non sono stati messi in
condizione di capire come andavno le cose) o a quello pragmatico (il
Fairvalue in quanto prociclico induce comportamenti sbagliati)? prima
circoscriviamo l'oggetto dell'indagine, poi discutiamo del "post hoc
propter hoc". Io credo fermamente che il pesce, come al solito, puzzi
dalla testa, e che il problema stia non nell'informazione contabile,
ma nell'incultura di chi legge i dati. O meglio: le attuali regole sul
bialncio (italiane, anglosassoni, un po' tutte) sono dei compromessi
migliorabili e non fondati - ne' le une ne' le altre - su un rigoroso
approccio concettuale. Pero' il panico da valutazione a FairValue
degòli strumenti finanziari e' ingiusitficato e contraddice l'ipotesi
dei mercati finanziari efficienti (http://en.wikipedia.org/wiki/
Efficient_market_hypothesis): l'informazione che i titoli sono
crollati in borsa esiste gia' e dovrebbe essere gia' incorporata nei
prezzi delle azioni di chi quei titoli detiene, per cui la teoria
economica ci dovrebbe dire che gli investitori hanno gia' fatto
scontare tale informazione sulle quotazioni dei titoli delle societa'
quotate che detengono titoli al veleno. Unico problema potrebbe
essere - sempre secondo la EMH - se nessuna sapeva chi ha in
portafoglio i titoli deprezzati...

The Planer interviene
Esprimo un mio paradosso: sarebbe più facile applicare il metodo del
costo storico nei paesi di common law che non applicare il fair value
nei Paesi di civil law.

La ragione è presto detta: nei paesi di common law, il criterio di
fair value, come mi pare, per le mie conoscenze dell'impianto
contabile, lo scopo non è quello delle completezza oggettiva dei dati
ma della potenziale efficacia ed effettività del dato. Sapendo che
comunque non è possibile una rappresentazione veritiera e corretta, in
senso oggettivo (non mi si travisi) viene caricata di significato la
valutazione dei dati che avviene attraverso l'interprete. non
peraltro, attendo smentite, nella tradizione di common law, vedi Uk,
non esiste una disciplina del falso in bilancio che non rimandi alla
valutazione giudiziale del danno e alla gravità delle falsità e della
possibilità di conoscere e rappresentare meglio quanto esposto (da qui
il problema dell'accesso al dato da parte del controllato).
Probabilmente di fronte al costo storico si chiederebbe al revisore:
vabbè i dati me li hai rilevati, è tutto, c'è qualcosa di più
complessivamente nella valutazione dell'azienda.


Nei Paesi di civil law vi è invece la convinzione che attraverso la
regola, anche contabile, si eviti la discrezionalità; quindi
l'introduzione di regole che accentuano tale aspetto (completezza che
quanto più è complessa la struttura da controllare tanto più sarà
articolata) fanno apparire meno oggettivo il dato contabile (perchè ci
sta la percezione che la norma sia oggettiva)

ed, infine, conclude Marcello:
bisogna distinguere tra anglosassoni e anglosassoni.
l'UK e' la prima nazione ad introdurre il rpincipio dell'auditing e
del "true and correct" (modifica prima alle norme sulle societa'
quotate a fine 800, poi con la riforma del companies act, dove nel
tempo diventa "true and fair"). storicamente quindi la contabiltia'
inglese si basa sul "professional judgement" del redattore.
in USA invece l'approccio, fin dagli anni 30 della SEC, e poi con il
FASB successivamente, e' diverso, molto piu' regolamentato e molto
piu' analiticamente. quindi meno spazio alla valutazioen
professionale, e meno spazio a clausole "overriding" come il nostro
2323 c.c. (la clausola override in teoria c'e', ma ci sono
pronunciamenti che dicono che non e' ammesso a un AICPA certificare un
bilancio che si discosta dagli USGAAP). qui il bialncio "fairly
presents" sono se e' "in conformity with USGAAP" (anche se dopo il SOX
e' tornato uno spazio che direi piu' di responsbailtia' individuale,
che non di "professional judgement" del redattore)
gli australiani invece hanno avuto vari periodi, abbracciando, poi
lasciando, poi riprendendo il "true and fair"
negli USA poi, una monografia fondamentale degli anni 40 (di Paton e
Littleton) ha guidato fino a pochissimo tempo fa i principi USGAAP
secondo regole identiche a quelle della IV direttiva (realization,
matching, costo storico, etc.) e solo molto di recente gli USGAAP
hanno virato in modo deciso verso il Fair Value. c'erano, sin da tempi
molto remoti (una monografia di McNeal del 1939, per intenderci) voci
per le valutazioni a valori correnti, monografie AICPA (Thomas,
allocation problem, 1 e 2) che sottolineavano la discrezionalita e
quindi inattendibilità del costo storico. Per non aprlare dei soliti
Chambers dall'australia e Sterling in USA.
Anche il framework FASB nato e formatosi tra fine '70 e anni 80, in
teoria si basa su ritgorosi principi di relevance e reliability del
dato contabile, ma lo sviluppo dei GAAP ha sempre lasciato da parte il
problema della cost allocation e ha sempre mantenuto il costo storico,
soprattutto per effetto di imposizoni della SEC (neancheata ,
ricordiamo, perche' prima del 1929 le societa' americane rivalutavano
ad libitum i loro cespiti), tesi di recente argomentata con forza in
un articolo apparso su Accounting and Business Research:
http://www.highbeam.com/doc/1P3-1305668501.html
il FV, poi, e' una scatola vuota in cui ognuno mette cio' che crede.
l'unica (a mio parere) giustificazione razionale coerente (non
necessariamente condivisibile, ma coerente) del Fv e' quella basata
sul Curren Selling Price Reporting (CSPR): il Fv si usa perche' il
bilancio deve esprimere una grandezza oggettiva come misura della
ricchezza e l'unico criterio di valutazioen ritenuto oggettivo (ossia
estraneo ai convincimenti soggettivi del delr edattore) e' il selling
price: quindi il FV per essere coerente deve basarsi solo sul Mark-to-
market, il mark-to-model introduce elementi di opinabilita' e
distorsione individuale, che riporta alle problematiche del costo
storico e della allocazione dei costi (arbitraria) attraverso
ammortamenti, impiutazoni, etc. etc.
Il CSPR rifugge dal rischio di usare dati basati sul futuro, su
previsioni, perche' si dice che le previsioni NON sono fatti, ma
opinioni, da ascrivere alla financial analysis e non al financial
reporting.
insomma, il FairValue nella versione "exit-value" (vedi recente
discussion paper anche dello IASB sul punto) serve, fondamentalmente,
ad assicurare l'omogeneita dei dati di bilancio per poterli sommare
(soli i dati misurati al prezzo di rpesumibile realizzo sono misurati
in modo omogeneo) e ad evitare di introdurre stime del redattore.
portare il Fv ad un mark-to-model significa mescolare l'analisi
finanziaria (calcoli previsionali) con il bialncio (che invece
dovrebbe presentare una "dated position" e non qualcosa di atteso nel
futuro)
Il costo storioco non e', a rigore, "auditable", perhce' vero che la
transaizone originaria e' vera e verificabile, ma poi i criteri di
ammortamento, allocazione, imputazione etc sono invece arbitrari e
slegati da quqalsiasi empiricita': come fa un revisore a dire "si', e'
vero, quest'anno l'immobile si e' consumato per il 3% come da
coefficiente ministeriale"?
mi fermo: ho scritto anche troppo...
(di Marcello Tarabusi)

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