giovedì 15 aprile 2010

Segue...commento a Teoria Tributaria del Prof. Raffaello Lupi

Ho adattato delle riflessioni già proposte per commentare i paragrafi
2.2 e seguenti, alla luce di una lettura più complessiva, rapportando
i modelli di comportamento con le forme di evasione. Una lettura
della teoria dell’Agenzia (Agency model) in campo fiscale , può essere
utilizzata per spiegare e riconoscere le organizzazioni aziendali
fortemente strutturate, e quindi rigide, che tendono spontaneamente a
dichiarare la loro capacità contributiva . Si tratta di quelle
strutture a cui, che per dirlo con le parole del Prof. Lupi, basta la
Gazzetta Ufficiale per far pagare le imposte.
Le aziende in cui vi è una management , soprattutto quello
amministrativo, professionale e discretamente autonomo dalla
proprietà, tenderà naturalmente a manifestare la capacità economica
ed applicare prudentemente la normativa fiscale (spesso “scudati” da
robusta pareristica) .
Questo accade non per la bontà del management (è un po’ come la
“benevolenza del macellaio” in Smith) ma per evitare di dover
rispondere alla proprietà di eventuali danni economici legati ad un
contenzioso fiscale . Quindi la Direzione aziendale indirettamente e
per motivazioni diverse aiuta il fisco a perseguire i propri
interessi, consentendogli di superare le asimmetrie informative insite
nel “modello di agenzia”.
In questo caso è lo stesso management che svolge la funzione di
segnalatore al fisco della capacità contributiva dell’azienda, mentre
in altri casi abbiamo visto che è l’azienda che svolge la funzione
di segnalatore dei fornitori e dipendenti.
Diversamente accade nelle aziende in cui la proprietà, che ha un
interesse diretto a ridurre il carico fiscale (che permette di
incassare dividendi più elevati a parità di utile ante imposte o di
incassare direttamente le vendite “in nero”), è fortemente coinvolta
nella gestione dell’impresa in cui l’amministrazione è gestita da
“persone di fiducia” scarsamente responsabilizza te, che eseguono le
direttive impartite . In questo caso il management amministrativo ha
il solo interesse di assecondare la proprietà senza correre alcun
rischio di essere chiamato a rispondere di eventuali contenziosi
fiscali . I soggetti che hanno un vantaggio informativo , proprietà e
management , hanno interessi collusi tra loro ed antitetici rispetto
al fisco, e quest’ultimo non riesce a recuperare le informazioni
occultate sulla capacità contributiva .
Tutti ciò ci fa comprendere come le dimensioni aziendali non sono
sempre un valido spartiacque per individuare i due modelli di gestione
aziendale.
Spingendo oltre il ragionamento, le aziende dotate di un forte
management, abbastanza indipendente dalla proprietà, possono sfociare
in comportamenti patologici come l’evasione “per l’azienda” (Par.
2.4), con cui realizzare acquisti a prezzi più bassi da fornitori che
evadono l’iva , remunerare i dipendenti tramite rimborsi chilometrici
abbattendo il costo per l’azienda in qunato non tassati in capo al
dipendente e non imponibili ai fini contributivi etc; il tutto per far
apparire l’azienda più profittevole e consentire al management di
aumentare la propria influenza ed il tornaconto economico (bonus,
aumento dei compensi). Le aziende in cui la presenza della proprietà
è forte e la gestione è eventualmente affidata a “persone di
fiducia” colluse si hanno i fenomeni di evasione “sopra l’azienda” .
Nei rapporti tra privati e tra autonomi e privati, viene a mancare
quella contrapposizione di interesse che costituisce quella minima
garanzia ai comportamenti conformi alle norme tributarie, che può
esser trovate nelle aziende “rigide” ; ma non finisce qui, perché
congiuntamente manca anche il deterrente della segnalazione, che si
ha con il coinvolgimento di almeno una azienda (possibilmente
rigida). In questi casi è direttamente l’autorità fiscale che deve
necessariamente procurarsi le informazioni sul campo ed analizzare la
plausibilità dei comportamenti con verosimiglianza .
Questa stessa metodologia di indagine dovrà far parte dello
strumentario per valutare il grado di “rigidità” delle aziende, cioè
apprezzare l’applicazione di procedure interne ed il loro controllo,
comprendere il livello di autonomia e indipendenza dalla proprietà di
cui gode il management, che processi che non possono esser stabiliti
per Legge o Circolare; questa è la vera sfida, perché tolti alcuni
casi marginali di aziende che per dimensioni ed articolazione
geografica sono senza dubbio rigide (multinazionali, filiali di
multinazionali estere) la gran parte credo facciano parte di un area
grigia da valutare caso per caso. Tali valutazioni e discrezionalità
innanzitutto sono oggettivamente difficili da effettuare e non fanno
parte del back ground culturale degli Uffici Fiscali, dove comunque
occorre che i singoli funzionari abbiano “le spalle coperte”
altrimenti, se si è sfortunati, ti accusano di favorire qualcuno (o
addirittura di essere corrotto o concusso) .

stefano palestini

1 commento:

Mauro Franchi ha detto...

Si potrebbe dire, Stefano, che ognuno usa, per il proprio mestiere, i
ferri che ha. Nel senso che ogni amministrazione finanziaria si
adatterà al sistema produttivo di riferimento. E' vero, a ben
riflettere la distinzione tuout court fra aziende piccole e grandi non
basta. Da un punto di vista teorico la migliore struttura su cui
eseternalizzare può essere la public company vera e propria, come la
si intende nei paesi anglosassoni. La nostra realtà è fatta invece di
grandi famiglie che controllano grandi imprese e che quindi possono
trovare il modo per accantonare somme in evasione di imposta che in
termini assoluti possono essere anche ragguardevoli. Però anche qui
occorre distinguere in quanto la grande struttura di per sè non
garantisce da manovre occulte al fisco, però certamente si presta
molto bene alla trasmissione e gestione di adempimenti di massa tesi a
far si che altri non evadano (es ritenute). Un fenomeno nuvo su cui
varrebbe la pena confrontarsi, poi, è la esternalizzazione di compiti
di controllo, propri dell'amministrazione finanziaria, a terzi
soggetti, sufficentemente credibili, (vedi, ad esempio, la
certificazione iva degli intermediari). E' un fenomeno già in corso da
anni in altri settori dell'amministrazione pubblica: penso alle
certificazione di conformità edile urbanistica rilasciata da geometri,
architetti, ecc.