giovedì 11 giugno 2009

LE DETERMINANTI-11: DISCRIMINAZIONE QUALITATIVA

Si può notare, solo in apparenza, un trade off fra la puntuale ricerca della sistemizzazione dei criteri di determinazione della capacità economica, da una parte, e la fase d’accertamento, dall’altra.
Infatti, si insiste molto sulla necessità di stabilire corretti principi giuridici di misurazione dando, però, molto spazio alla prova presuntiva, soprattutto nella determinazione del reddito dei piccoli autonomi.

Ampio approfondimento viene dedicato alla prova ed al particolare atteggiarsi che essa assume in campo tributario: l’empirismo, il probabilismo ed il ruolo dell’interpretazione nel giudizio sul fatto.

Ritengo, però, che, per completare l’analisi, dovrebbe essere posto nel giusto rilievo anche il c.d. principio della “discriminazione qualitativa della capacità economica”.

Gli studi, ed il sistema positivo, si sono troppo, se non esclusivamente, appiattiti sull’aspetto quantitativo (con i miraggi utopici, irrealizzati, della personalità e progressività).

Il TUIR discrimina solo formalmente i redditi (salvo l’eccezione di quelli fondiari).

I redditi d’impresa (è ovvio constatarlo), ad esempio, non sono tutti uguali e la loro discriminazione qualitativa si palesa come una necessità giuridico sistemica, dando, ciò, maggior fondamento ad un diverso regime di determinazione – prova dei medesimi, come sopra detto.

La discriminazione qualitativa permette allo studioso di percepire meglio i fenomeni tributari: dall’imposizione all’evasione ed, infine, all’accertamento.

Si possono intendere con miglior cognizione di causa la sussistenza d’imposte sostitutive, così come la tassazione di favore di taluni cespiti economici, oppure, ancora, l’introduzione d’imposte cedolari disancorate dalla globalità dell’imposizione personale.

E’ ovvio che le finalità che in concreto guidano tal discriminazione qualitativa possono essere politicamente le più varie (con un notevole, eppur legittimo, influsso di finalità extrafiscali).

Tutto mantiene un suo valido fondamento anche alla luce del 53 Cost. il quale si “limita” a statuire solamente che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva”...e non si potrà di certo dire che attuando il principio della corretta discriminazione qualitativa dei redditi si viola il principio della progressività, anzi è vero l’opposto, infatti:

violando il primo (discriminazione) si violano contemporaneamente sia quest’ultimo (progressività) che quello, ancor più basilare, della capacità contributiva.

E tal discriminazione, per operare compiutamente, deve essere concretizzata oltre che all’atto di determinare l’aliquota, ancor prima nel momento di calcolo della base imponibile, così come, infine, nella fase d’accertamento.

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